Sono stato coinvolto recentemente in una serata davvero unica, una di quelle serate tra amici che, volendole organizzare appositamente, non sarebbero potute riuscire così bene. Una buona cena, qualche brindisi e tante chiacchiere. E poi qualcuno si è seduto al piano, affiancato da un paio di chitarre. Musicisti, anche qualche professionista. E un paio di voci deliziose. Il repertorio? Davvero random e completamente senza rete. Brani suggeriti ora dall’uno ora dall’altro, assoli ed improvvisazioni a ripetizione, assonanze di ritmi e di armonie, di temi e di parole che hanno spinto i musicisti a passare dall’immancabile De André fino a Janis Joplin, da Mina a Jason Mraz e tanto, tanto “Brazil”.
Sprofondato nella mia poltrona al fianco di una delle chitarre, consapevole che la mia capacità di produrre musica è diversi ordini di grandezza inferiore a chi stava suonando, divertendosi (e divertendo gli altri), mentre godevo del piacere della musica inevitabilmente la mia testa è partita su sentieri lontani. Su associazioni di idee casuali come i temi musicali che si susseguivano. Riflettevo su quello che “ascoltavo” mentre “sentivo”: un pianoforte solitamente poco suonato con qualche “scappamento” poco efficace, una chitarra nascosta da qualche persona, una voce di fronte ed una di spalle e la seconda chitarra attaccata all’orecchio sinistro. Rumore di fondo e chiacchiere in lontananza. Ma suoni netti, veri, unici e irripetibili.
È questa la parola che mi è girata in testa tutta la sera e nei giorni successivi. Irripetibile. Nella musica, fatta di vere e proprie pietre miliari sentite tante e tante volte eppure riscoperte uniche e straordinarie. Nel cocktail di suoni, magari imperfetti, ma unici. Ma soprattutto nell’atmosfera, negli sguardi d’intesa dei musicisti, navigati anche nell’improvvisazione, nei loro sorrisi e nella passione con cui sono volati tra un brano e l’altro, tra un genere e l’altro, condotti ora dall’uno, ora dall’altro, ora dalla complicità tra loro. Passione visibile, palpabile, autentica.
Che genera altre passioni, altrettanto autentiche. Come in quella che si incontra nella musica riprodotta, che di quella musica si nutre avidamente. Non per caso alcuni dei brani, dei “mostri sacri” più ascoltati dell’universo audiofilo, è registrato dal vivo (qualche esempio? “Jazz at Pawnshop”, “Friday Night in San Francisco,” “Hell Freezes Over”, e potrei andare avanti ). Una passione con mille sfaccettature. Con mille opinioni, con mille punti di vista. Condivisibili o no, ma pieni di equivalenti passioni.