In-Ear Monitor: l’evoluzione di una specie

La nascita degli auricolari risale a parecchi anni fa: la sua prima applicazione si ebbe proprio negli anni ’60-70, quando per scopi medici si cercò di supplire in modo non troppo invasivo ai problemi di perdita dell’udito.

In seguito, questo accessorio si è evoluto per soddisfare l’esigenza di un musicista che deve poter ascoltare in tempo reale ciò che sta suonando dal vivo: come si vede spesso in televisione oppure ai concerti, i musicisti sul palco indossano questi particolari dispositivi intra-aurali, ovvero infilati nell’orecchio, che svolgono la funzione che un tempo avevano, e hanno ancora oggi per chi li preferisce, i classici diffusori monitor rivolti verso il palco anziché verso il pubblico. Questi ultimi hanno però la controindicazione di diffondere indistintamente il suono verso tutti i musicisti presenti sul palco e in ogni caso non garantiscono un’accurata riproduzione sonora.

Successivamente, con la nascita e diffusione dei dispositivi mobili di riproduzione audio e dei telefoni cellulari, gli auricolari hanno preso piede anche presso il grande pubblico per consentire di tenere una conversazione o ascoltare musica ovunque senza disturbare o essere disturbati, giungendo a numeri da capogiro: si pensi che la produzione attuale è di oltre due miliardi di esemplari l’anno.

Un auricolare non è altro che la miniaturizzazione di un altoparlante che si infila nell’orecchio tramite un piccolo cono in gomma: un oggetto inizialmente molto semplice e poco raffinato dal punto di vista musicale, in quanto per sopperire alle difficoltà auditive degli ipoudenti non doveva necessariamente gestire un’ampia estensione di gamma ma riprodurre essenzialmente soltanto lo spettro vocale. L’intuizione che ebbe, fra gli altri, Steve Jobs fu quella di consentire agli utenti dei dispositivi portatili Apple di ascoltare musica con un’ottima qualità di riproduzione: questa innovazione cambiò completamente il mercato di tale accessorio.

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